Sul nome della città vi è molta incertezza: c’è chi sostiene che derivi da siliqua (la carruba) e chi da sicla, la zecca ivi impiantata dai romani. Ma la maggior parte degli studiosi concordano nell’affermare che il nome del paese deriva da Siculo re dei Siculi, uno dei tre popoli (gli altri due sono i Sicani e gli Elimi) che in epoca classica si insediò in Sicilia (probabilmente l’origine della città è da annoverarsi tra il 1500 a. C. e l’800 a. C.).
Sul nome della città vi è molta incertezza: c’è chi sostiene che derivi da siliqua (la carruba) e chi da sicla, la zecca ivi impiantata dai romani. Ma la maggior parte degli studiosi concordano nell’affermare che il nome del paese deriva da Siculo re dei Siculi, uno dei tre popoli (gli altri due sono i Sicani e gli Elimi) che in epoca classica si insediò in Sicilia (probabilmente l’origine della città è da annoverarsi tra il 1500 a. C. e l’800 a. C.).
Le varie fonti della storia di Scicli ci raccontano che durante il periodo della storia antica il paese, così come buona parte della Sicilia, è stato assediato da diversi popoli: greci, cartaginesi, romani e bizantini. Nell’anno 864 arrivarono a Scicli i musulmani.
Furono loro a cambiare il nome Siculi in “Siklah” o “S. clah”. Nel territorio di Scicli, oltre ad alcune tracce ancora evidenti nella nostra lingua, come ad esempio “Donnalucata”, “I chiani” ecc…, introdussero nuove culture quali quella del carrubbo, del cotone, dell’ulivo, della canna da zucchero.
Dai Normanni al Fascismo
Nel 1091 i Normanni condotti da Ruggero d’Altavilla arrivarono a Scicli ed è in questo periodo che ambientato l’evento che ogni anno celebra la Madonna dei “Milici”. Arrivarono anche gli Angioini e nel 1282 Scicli, Modica e Ragusa, come tutte le altre città siciliane li cacciarono e si rifugiarono a Malta.Arrivò Pietro d’Aragona, il quale per sostenere la guerra contro gli Angioini ordinò la riscossione di gabelle e impose il contributo del “fedro”, costituito da prestazioni in natura: cereali, vino, bestiame ecc…, provocando un malcontento generale. Si formò una vasta congiura contro il re Pietro, alla quale presero parte anche i Castellani della Contea di Modica, la quale nacque proprio sotto gli Aragonesi. Scicli apparteneva alla contea di Modica che esistette fino al 1834. Il secolo XVII viene ricordato per una serie di disgrazie: anni di grosse piene e nubifragi (1612, 1615, 1618) si alternarono ad anni di siccità totali (1611, 1616); nel 1619 ci fu un’invasione di cavallette, e nel 1626 Scicli fu l’unico paese della Contea ad essere invaso dalla peste. Il secolo si chiuse con il terremoto dell’11 Gennaio del 1693, a causa del quale precipitarono tutti i conventi, i monasteri e le Chiese. Il secolo XVII e il XVIII secolo vengono ricordati anche per le numerose Accademie che sorsero in tutta la Sicilia e anche a Scicli. La prima Accademia di Scicli fu quella degli “Invillupati”, che ebbe vita dal 1624 al 1693; risorse dopo il terremoto con il nome di ”Redivivi”. Il Settecento (XVIII sec.) non ebbe particole rilievo, in quanto la città era impegnata nella sua ricostruzione dopo il terremoto del 1693. Nel XIX secolo le province furono divise in distretti e questi in circondari. Scicli fu il capoluogo di circondario del Distretto di Modica. In questo secolo i vari moti carbonari scoppiati in tutta Italia ebbero un grande eco anche in Sicilia. Nel 1820 erano insorte Palermo, Catania, Messina e successivamente anche altri comuni. Ai moti del ’20 seguirono quelli del ’37 e del ’48 che servirono alla Sicilia per staccarsi da Napoli, dandosi come propria Costituzione quella del 1812. Ma dopo il 1849, per effetto della propaganda del Comitato centrale mazziniano i patrioti siciliani abbracciarono la causa dell’Unità italiana. Il terreno preparato dai cospiratori siciliani, che avevano accettato il programma unitario di Mazzini, rese possibile la vittoria dei Mille Garibaldini, contro le truppe borboniche. Fu così che il 7 Giugno il popolo di Scicli proclamava l’annessione al Piemonte, con Garibaldi dittatore supremo dell’isola. Ma il governo piemontese nel prendere e amministrare le province meridionali, mostrò di non voler tenere in considerazione le loro tradizioni e le loro esigenze. I siciliani si trovarono soggetti ad un potere accentratore che presentava il conto della liberazione imponendo l’onere del Debito Pubblico e introducendo la leva militare obbligatoria. Il generale malcontento portò così all’insurrezione di Palermo nel 1866, ma gli insorti furono presto costretti a cedere. Se da una parte lo spirito di ribellione continuò a serpeggiare in Sicilia dall’altra le condizioni delle classi lavoratrici si facevano sempre più difficili a causa della crisi dell’agricoltura e della mancanza di risorse industriali. Le classi privilegiate videro che l’unico modo per salvarsi dalla rovina economica era quello di conservare il potere politico servendosi di qualunque mezzo: la corruzione, l’intimidazione, il rifiuto di assunzione al lavoro e dove c’era si faceva ricorso alla mafia (La Questione Meridionale). Intanto nuove idee liberatorie giungevano da fuori e intorno al 1873-74 anche a Scicli fu fondata un’associazione operaia “I Figli del Lavoro”. In questo contesto è da ricordare la figura di Francesco Mormina Penna, che tenne vivo a Scicli il culto del Mazzini e che fece parte del Comitato insurrezionale del Sessanta. Più tardi sorsero in Sicilia i Fasci siciliani dei Lavoratori: a Scicli si formò nel 1893 con 200 aderenti. Da lì a qualche anno spuntarono le prime bandiere rosse e si cominciò a festeggiare il I Maggio. Lo spettro del Socialismo e del Comunismo prese a disturbare il sonno dei borghesi di bella età. Nel 1915 arrivò la notizia dello scoppio della guerra, alla fine della quale fu murata una lapide a ricordo dei Caduti sulla parte destra del palazzo municipale e altre due lapidi furono apposte all’interno della Chiesa di San Giovanni, col nome di tutti i Caduti della nostra città e vi fu costruita una cripta, dove furono collocate alcune salme, portate dai cimiteri di guerra. Successivamente iniziò il ventennio Fascista che portò alla seconda guerra mondiale che a Scicli si fece sentire con le incursioni aeree degli “sputa-fuoco” inglesi, che seminarono bombe tra le nostre pacifiche rupi. La gente si scavava i rifugi nelle rocce delle colline, lottando intanto con la fame. La mattina del 10 Luglio, davanti alla Foce, il mare nereggiava di natanti nemici. Dalla parte di nord-est, verso Catania, il cielo si copriva di fumo e di fiamme. Già nella notte, erano atterrati nelle campagne numerosi paracadutisti americani, sparsisi rapidamente per tutto il territorio. A giorno fatto, dalla Balata, furono sparati alcuni colpi di obice: gli Alleati volevano accertarsi che non ci sarebbe stata resistenza. Infatti, i paracadutisti poterono pacificamente impadronirsi del Municipio, dove si insediò, ad amministrare il Comune, un ufficiale americano. Nel nostro territorio non si ebbero lamentele di abusi, di violenze e di delitti, commessi altrove dai soldati di colore e specialmente dai Tedeschi che qui non ebbero mai stanza.